Insegno e mi alleno nelle arti marziali da molti anni e ho, a mio modo, sviluppato una visione d’insieme su ciò che significa combattere. Ho investito e investo molto tempo nello studio del combattimento, ho fatto esperienza in ogni settore, cercando di affinare ogni giorno un qualche dettaglio che mi facesse crescere e capire. Più imparo e più sono portato a formulare a me stesso domande complesse, domande che però trovano quasi sempre risposte semplici. Ho capito che il miglioramento dell’individuo è il fine della mia ricerca. Non esiste un limite a questo aspetto e non esiste un uguale, ma solo similitudine.
Per anni ho in vano cercato un utopico “io” perfetto, in grado di vincere ogni sfida e ogni combattimento; un sistema, uno stile, un segreto che mi desse un vantaggio rispetto ad un ipotetico avversario immaginario . Ho cercato di usare lo sport e l’agonismo per testarmi, per mettermi alla prova. Ho cercato di raggiungere vette insormontabili, ma lungo il cammino mi sono fermato, prima o poi sapevo che sarei caduto, e così è stato, la verità è che ero già vecchio per puntare a diventare un grande campione. Ancora una volta guardavo le cose senza prospettiva, avrei presto però imparato che mi serviva una visione più matura.
Ho piegato quindi il mio bisogno di prevalere in una tasca e ho continuato ad allenarmi e a studiare, cercando di superare ogni giorno nuovi traguardi. Devo riconoscere che intraprendere correlatamente un cammino spirituale, mi ha aiutato ad espandere la visione di me stesso. Ho imparato ad essere meno sfrontato, meno presuntuoso e a conservarmi. L’infortunio mi ha messo molte volte di fronte alla realtà. Ho dato sempre più importanza all’autostima e sempre meno all’ego. Ho studiato e letto la vita di tanti grandi campioni, ho compreso le loro difficoltà e le loro debolezze. Ho imparato molte cose, cose scontate, forse ovvie, talmente ovvie però da essere tralasciate per mancanza di esperienza e di maturità. Ho imparato a mie spese che siamo fragili, che ci usuriamo con il passare del tempo, che ogni dura battaglia lascia un segno, che la violenza genera violenza e che nessuno è invincibile, perché anche il più grande campione viene sconfitto.
Non avevo mai veramente pensato di accettare la mia vulnerabilità, e questa si è sempre opposta al mio ego.
Raggiunta una certa coscienza però, sono ripartito proprio dalla consapevolezza di essere vulnerabile e, conscio di questa debolezza, ho stilato le basi della mia filosofia di combattimento: INDIVIDUO.
Ho capito e capisco ogni giorno che il vero nemico da battere è la propria paura, ma non solo una paura legata all’umiliazione o al dolore; una paura molto più grande: la paura di non poterci riuscire e di non avere possibilità di successo. Questo è ciò che passo alle persone che affidano la loro preparazione a me. Con il tempo e solo dopo molti errori, e perdite, ho capito come aiutare una persona a tirare fuori il meglio di sé stessa. Alcune volte fallisco perchè non riesco a battere i loro pensieri, il loro dubbio, il loro confronto con i dati di fatto, INDIVIDUO mette in luce la debolezza, ma è solo accettandola che si capisce quali sono i passi che muovono in direzione opposta. Motivare aiuta a non mollare, e non mollare è un imperativo di chi combatte.
Se si è pronti a perdere, se lo si mette in conto, se non si lotta disperatamente per cercare l’invincibilità, si libera la mente da molti pensieri e da ricerche inutili, si superano molte paure, inutili vanità e false convinzioni. Non ci si fa abbagliare da movimenti troppo prestabiliti e si impara l’umiltà e il sacrificio. Si impara a dare valore ai piccoli passi, ai piccoli traguardi, alla concretezza di ciò che miglioriamo più che alle grandi aspirazioni. Si comincia a misurare le cose per quelle che sono, e ci si mette sempre in discussione. Ogni ricerca viene affrontata con maturità, con coscienza. Questo è il mio modo di crescere e di vivere tutti i giorni che dedico allo studio del combattimento e delle sue relazioni filosofiche e spirituali con la vita. Partendo dalla sconfitta e dalla debolezza della natura umana ho cercato un miglioramento a più livelli.
Insegno ogni giorno da anni ormai, e questo mi ha permesso di conoscere tante persone e di relazionarmi con le loro idee di scontro. Ho imparato ogni volta qualcosa di diverso. Ogni diversa prospettiva mi ha rivelato qualcosa, anche solo un aspetto o un dettaglio, che ho preso in un qualche modo in considerazione e che mi ha permesso di capire cosa comunemente si cerca nel combattimento. Così facendo ho imparato quali sono le ideologie che accomunano le persone e che cosa vogliono e perché decidono di iniziare la pratica. Ci sono diverse similitudini nel modo di immaginare lo studio delle arti da combattimento, nonostante le innumerevoli differenze caratteriali che esistono da persona a persona.
Un aspetto comune predominante è la ricerca o il miglioramento della fiducia in se stessi, si vuole combattere o anche solo imparare a farlo per sentirsi riconosciuti e rispettati. In molti casi ho riscontrato un difficile rapporto con la figura paterna e in altri casi molta rabbia accumulata.
Ognuno a modo suo carica tensione nel corso della vita, e spesso capita che si cerchi una valvola di sfogo nel confronto per un senso di rivalsa. Il fascino e la curiosità che il combattimento scaturisce sono altri aspetti comuni e sono legati all’immagine che i vari attori/artisti marziali hanno negli ultimi 50/60 anni istituito nel cinema e nella televisione.
Nella propria mente tutti vogliono vincere e cercano a loro modo, di imparare a farlo, nessuno accetta mai la possibilità di perdere, o per lo meno considerarlo come parte di un tutto.
A mio parere se non si concepisce la sconfitta si analizza il combattimento solo a metà. La storia degli sport da combattimento ha insegnato che sono rarissimi i casi di imbattibilità, anche i più grandi hanno perso. E’ impossibile evitare il deterioramento e la fragilità quindi anche l’apice è solo un breve momento o periodo indefinito, e comunque relativamente breve. Ma nessuno considera che sentirsi forte è solo un momento. Si deve imparare per essere non solo per dominare. Allora sono arrivato alla conclusione che conta più il viaggio che la destinazione. Perché è proprio durante il viaggio che si vive la vita. Come il respiro, la vita si mantiene nel presente, mentre la mente e la fantasia si posizionano sempre in punti imprecisati avanti o indietro nel tempo, ma mai adesso.
La presenza è la vera arma che si sviluppa, la presenza garantisce la calma. La calma garantisce attenzione. L’attenzione garantisce precisione. E la precisione dipende dall’allenamento fisico. L’allenamento fisico dipende molto dalla qualità del pensiero.
La qualità del pensiero dipende dalla meditazione e dalla propria centratura.
Nessuno di questi aspetti andrebbe tralasciato, sono parti intrinseche e dipendenti le une dalle altre. Sono il mio modo di vedere le sessioni di ogni giorno e di condividere la mia esperienza.